Lei – Billie – era e rimane donna da ritmi sintetici e prospettive house ed electro, con buone soddisfazioni commerciali (Your Loving Arms fu successo planetario in quei primi anni Novanta) e una discreta carriera che ancora oggi continua con lusso, lascivia e signorilità. Insomma, non la solita gnocca dalla vocina intercambiabile e l’assoluta mancanza di talento, pure se fisicamente – la signorina Billie Ray – era fornita alquanto.
Lo dimostra la copertina di questo 12” ove svetta, novella Dominatrix, con uno stacco di gamba da piscina olimpionica, in un improbabile crasi fisica tra Kylie Minogue (una allungata Kylie) e una ripulita Diamanda Galas. Un 12” che finiva puntualmente nelle vasche geneticamente modificate dei white label, dei ritmi tunz tunz fatti in serie in qualche laboratorio sonoro del pianeta e da lì distribuiti in tutti gli anfratti dove i disc jockey vanno ad approvvigionarsi, con occhiali scuri, jeans slavati e voce roca.
Ogni sabato pomeriggio, perché l’ora che volge al desìo i naviganti della consolle è il sabato pomeriggio, quando corrono ad affollare i negozi di dischi, o meglio: ciò che resta dei negozi di dischi, gli ultimi che ancora strenuamente resistono. Andrebbero salvaguardati da un’apposita legge i negozi per dj, gli unici che ancora si battono per tenere in vita il vinile nella sua forma più pura: ovvero il dodici pollici. Il disco mix, insomma.