Archive for giugno 2012

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19) The Alabama Song (Kurt Weill) by Artery

30 giugno 2012

Per qualche anno ho accarezzato l’idea (qualcosa più di un idea, in verità) di crearmi l’album delle figurine dei miei artisti preferiti; un bell’album fatto stampare come Dio comanda, con i riquadri perfettamente allineati, un paio di note a piè di lista ed una foto ad incorniciare la figurina adesiva, simile in tutto e per tutto alle gloriose Panini usate per i calciatori degli anni Settanta.

Avrei stilato 3/400 artisti per me fondamentali (ma anche no, mica potevo lasciare fuori i Pink Floyd, ad esempio, pur esecrandone gran parte di carriera) li avrei divisi per squadra, epoca storica, genere musicale, qualcosa che sarebbe stato solo ed esclusivamente mio, che avrei potuto consultare quando ne avessi avuto voglia, con le figurine adesive perfettamente ordinate in pagine nelle quali sarebbero stati riportati i dati salienti di ogni singolo artista e della band alla quale – eventualmente – fosse appartenuto.

Una cosa simile a quella che si fa (ma si fa ancora, oggi che sono tempi di veloci cambi maglia a campionato in corso?) con i calciatori, soltanto più divertente, più utile (almeno per me) e meno dispendiosa. Non sarebbero state necessarie o indispensabili nemmeno le foto, in quelle figurine. L’importante sarebbe stato catalogare, ordinare e mettere a postumo ricordo (mio, ma non solo) una serie di artisti indispensabili alla mia formazione.

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20) Who By Fire (Leonard Cohen) by Coil

16 giugno 2012

E chi col fuoco. chi con l’acqua, chi alla luce del sole, chi di notte, chi per ordine superiore, chi per processo, chi nel felice felice mese di Maggio, chi per lento decadimento, e chi dirò che sta chiamando? E chi scivolando via in solitudine, chi coi barbiturici, chi in questi regni d’amore, chi per un colpo improvviso, e chi per una valanga, chi per polvere da sparo, chi per la sua avidità, chi per fame, e chi dirò che sta chiamando? E chi per coraggioso assenso, chi per incidente, chi in solitudine, chi in questo specchio, chi per ordine della sua signora, chi di propria mano, chi in catene mortali, chi nel potere, e chi dirò che sta chiamando?

Ci vuole sensibilità, arguzia, una buona dose di freddezza e un talento sconfinato per parlare di suicidio, lasciandolo scivolare via come se si parlasse d’amore. Leonard Cohen queste qualità le ha sempre avute, e non vorrei sfidare le vostre baionette se dico che – in un mio ipotetico campionato dei pesi massimi – batterebbe ai punti anche Bob Dylan.

Se mai c’è stato qualcuno in grado di coniugare musica, parole e ‘sturm und drang’ emotivo in un matrimonio indissolubile e pieno di reciproco amore quello è stato Leonard Cohen; arrangiatore dal tocco geniale, autore dalla qualità eccelsa, scrittore, poeta nonché titolare di una voce che vorrei fosse dichiarata patrimonio dell’umanità. Spesso definita ‘di rasoio arrugginito’ (epiteto che che poco rende giustizia al pathos e alla personalissima timbrica) la voce di Cohen ha qualcosa di arcaico nel suo sgorgare da nascosti recessi dell’anima; sa di braci e di corteccia, di muschio e tempeste di sabbia. Sa di rarefazione e vischio, di lampade ad olio e parquet fumosi. Conserva il profumo di una donna abbandonata su un letto.

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